12 maggio, 2010

Sognando di me. Atto I

Il bar è a quattro passi. Dieci minuti a piedi. Siederemo fuori per poter fumare. Fumi sigarette ora? Non più quelle rullate col tabacco? Te lo puoi permettere, suppongo. Boh! Hai tagliato i capelli. Questo l'ho notato quando ti ho vista. Balli sempre un po' strano, sai? Si, anche io, credo. Non credo che siamo molto portati. Ahahah, magari si. Sei dall'altra parte della strada, di spalle. Magliettina nera, coprispalle. Hai freddo? E' così un bel pomeriggio di sole. Occhiali scuri, di quelli enormi, fumi ancora tabacco. Stai chiudendo una sigaretta. L'accendi.
Ti guardo un po' prima di incontrarti. Mi sudano le mani come se fosse un appuntamento. Il sole ti batte dietro. Allungherebbe la tua ombra sottile e ossuta all'infinito se potesse. Labbra rosse e caschetto nero, appoggiata alla ringhiera del marciapiede, la borsa appesa alla meglio, con non curanza, come un maschio. Boccata di fumo che si perde tra i palazzi e i clacson. Guardi un ragazzo col cane. Non ti frega del ragazzo, si vede. Ti piace quel piccolo cagnolino biondo, dal pelo cortissimo e lo sguardo stupido. Lo so perché tra poco lo noterò anch'io. Boccata di sigaretta, guardi l'ora.
«Ciao sorella!»
«Ciao fratello, come stai?»
«Bene. E tu?»
«Bene».
Il discorso si potrebbe chiudere qui. Di sicuro sarebbe un buon inizio, un inizio sicuro, uno che sappiamo già.
Novità? Si, avremmo così tante cose da dirci e così poco tempo. Così spesso finiamo per parlare di cose delle quali, a pensarci bene, non ce ne frega poi tanto.
E' che non parliamo da un po'. Invece adesso ci sediamo qui, al bar, finalmente.
«Cosa prendi?»
«Non lo so... un thé freddo».
«A te non piace il thé freddo».
«Già».
E' che vorrei un caffè in ghiaccio, ma qui non lo sanno fare. Rullo una sigaretta che finisce troppo in fretta col sapere di nulla. La spengo schiacciandola con forza col pollice nel posacere, finché non esala il suo ultimo sbuffo di fumo e la brace viva non si spegne.
Non ti sto nemmeno ascoltando. I rumori della strada stravolgono tutto: gli autobus, le macchine, la gente. Corrono quasi tutti. Riesco a sentire il suono della lampadina che si accende sul semaforo quando cambia colore, la guardo, poi ti guardo, annuisco. Se così lontana. Non ti sento quasi più, stai diventando un brusio. Vorrei afferrarti la mano, stringerla, ma so che si spezzerebbe. Sto diventando pazzo.
Avrei voglia di parlarti anch'io, di farmi capire. Mi limito a sorriderti, annuire, dire qualcosa ogni tanto. Avrei una gran voglia di litigare. Ma non ha tanto senso.
È che io non ho che vorrei tanto farmi capire. Vorrei sentirti, vedere i tuoi occhi lama accendersi e trafiggermi per rincarare la dose e dirti come sto.
Il problema è che mi sto svegliando. Ho riconosciuto il tram sotto casa e la luce del sole sta entrando nella stanza, mi scalda il corpo.
E mi viene voglia di non respirare aria viziata, ma l'aria fuori da questa camera.
Ciao Charlotte, al prossimo sogno.

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