14 marzo, 2009

Sciocchezze

Un giorno ho incontrai un uomo. Era un bell'uomo, ben vestito, bel sorriso. Sicuro, serio, affidabile. E le mani! Si, le sue mani erano perfette e non tremavano! Si può capire molto dalle mani delle persone. Aveva un viso così sereno, sembrava giovane, di quell'età indefinita dei denti belli da pubblicità.
Si sedette accanto a me, su una panchina scomoda del parco, sotto uno di quei pioppi grandi. Questo sotto cui mi siedo io è un po' meno grande. Mi piace perché è un po' mal ridotto. Qualche mese fa è stato preso da un fulmine e una parte è bruciata.
L'uomo mi chiese il nome. Poi disse:
"io sono il bene. Se seguirai le mie leggi sarai felice. Lo so, sono tante - aggiunse sospirando, mentre tirava fuori un grosso libro che sembrava uscito dal nulla e da chissà quale tempo, tanto sembrava antico - ma se le seguirai, se le seguirai tutte, fino in fondo... beh, amico mio, sarai soddisfatto".
Presi il libro. L'uomo sorriso ancora, si tocco il cappello in gesto di saluto intanto che s'alzava e si incamminava nel viale pavimentato del parco, prima di scomparire.

Cominciai a malapena a sfogliare il libro, quando da dove se n'era andato il primo, si avvicinò un altro uomo, con gli occhi immensi, occhi che sembravano avere pianto tanto e visto il mondo, occhi che sembravano aver conosciuto la gioia e l'amarezza. Aveva le rughe intorno a quegli occhi ed anche intorno alla bocca. La barba era vecchia di qualche giorno. Sembrava... vissuto. Oh si, era uno di quegli attori da scena da film di guerra in cui l'eroe è lui e lo riconosci perché ha vissuto ed è vissuto!
Mi guardò negli occhi e senza nemmeno salutarmi cominiciò a parlare del tempo, della primavera che stava per arrivare e del freddo che ancora si faceva troppo sentire. Sorrise di una gioia forse un po' amara, ma una gioia vera, una gioia che non faceva parte di me e che non gl'importava condividere, sebbene lo stesse facendo senza pensarci. Non mi chiede nemmeno il nome e ad un certo punto disse:
"Brav'uomo, io sono il male. Bevo, rutto, sono maleducato e dico sempre quello che penso, anche quando è sconveniente, soprattutto quando è sconveniete. Il male, che possa lavorare alle tue spalle o venirti dritto come un treno, è sempre brutto come un pugno in faccia. Con me la vita dura meno. Io non ho leggi e me ne sbatto della felicità tua e forse pure della mia, c'è troppo da vedere e da usare a questo mondo per perdere il tempo a chiedersi cosa sia la felicità".
Non so perchè ma il suo discorso mi sembrò abbastanza... democratico.
"Io voglio essere libero. Pago le conseguenze di quello che faccio o prima o poi le pagherò, ad ogni modo... vivo".
Poi si mise a ridere, mi strinse la mano e se ne andò ridendo e saltellando tra l'erba, nel prato ingiallito dall'inverno e umido di pioggia. Prese a piovere così, una pioggia sottile, mentre lui apriva le braccia al cielo e si faceva scorrere la pioggia addosso, prima di sparire dietro un cespuglio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

stupendo.

Andrea De Luca ha detto...

molto ma molto bello questo racconto