05 settembre, 2007

Spreco




















A guardarmi non lo si direbbe.
Alle volte vorrei urlare.
Trattengo i sentimenti in questa gabbia logora
che è il mio fegato pieno di bile,
che è il mio stomaco che brucia.
Sentimenti consunti e fatti disperati,
già da troppo tempo trascorso.
Fingo i miei sorrisi migliori.
Tu non sai un cazzo,
tu non hai mai capito nulla,
tu così fottutamente orgogliosa nei tuoi sbagli.
Alle volte vorrei solo chiamarti "stronza"
e riattaccare. Urlarti contro.
Urlarti contro non serve,
ma mi fa sentire meglio.
Vorrei soltanto una spiegazione,
vorrei una risposta, un motivo,
una reazione che mi faccia sentire migliore.
Ma è questo il tuo modo di punire.
Ma non capisco quale sia il peccato.
Non è colpa mia se non so essere migliore.
Sono fatto come sono.
Sono vecchio, sei vecchia, è tardi.
Siamo logori delle medesime storie.
Tu che ti senti la migliore del mondo,
tu che ti vanti d'aver fatto il tuo dovere,
tu che il tuo dovere è un piatto caldo.
Io che non t'ho mai detto nulla.
Rabbia, è rabbia il mio corpo
è rabbia calda e suadente
alla ricerca di una semplice esplosione,
uno spiraglio, una via di fuga.
Vorrei solo che tu capissi
ma sei troppo persa
nel vuoto sterile della tua fede
di gente morta e sacrifici,
nella tua mente ghettizzata da te stessa.
Il resto fuori non conta
nel momento stesso in cui non ti aggrada.
Tu non sai un cazzo,
tu non hai mai capito un cazzo.
Ed ora sto pensando che non ci sia più posto
che non ci sia più posto in questa mia vita
che non ho più tempo per essere migliore,
ma tanto non sarebbe apprezzato.
Tanto non sarebbe mai abbastanza.
Ormai sei fuori dalle mie esperienze,
ormai sei fuori dai miei sbagli.
Mi sono rotto d'essere la tua pecora nera.
E mi piacerebbe che capissi cosa sento,
ma serebbe troppo tardi anche per questo,
ora che il mio cuore è pietra,
ma friabile e corrosa da singhiozzi irrequieti,
senza più lacrima alcuna,
senza bene nè male,
che alla fine non ce n'è senso.

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