19 marzo, 2007

Senza capo nè coda




















Sospirò ansiosa mentre attraversava il largo spiazzo di cemento dinanzi alla grande stazione squadrata, diretta all'autobus che l'avrebbe ricondotta nell'antro silenzioso della propria abitudine casalinga. Il silenzio rotto dagli uccelli che cominciavano a volteggiare nell'alba urbana e austera. Il resto era il battere a macchina dettato dai suoi tacchi, il brusio della città che si svegliava lenta, o che si addormentava troppo tardi, e urla da ubriachi.

Diede uno sguardo verso l'alto, per un attimo portò gli occhi agli uccelli scuri che le danzavano sulla testa, metri e metri sopra di lei. Si ricordava quando era piccola e sognava di poter volare con loro, nei cieli illuminati di sole, guardare gli altri stesi in mezzo all'erba dall'alto, guardarli sognare a loro volta. Sognare. Volava estraniata.

Nei suoi occhi si accese la figura di se stessa, un fagotto di vestiti larghi, tra i banchi del vecchio liceo, mentre scompariva la confusa bambina che era stata e si affacciava al mondo una figura ancora pià confusa e inquieta, che bramava di trasformarsi in una donna forte. Sorrise malinconica al ricordo. Bella e triste.

Si riguardò un attimo, la medesima ragazzina dall'aria martoriata dai propri pensieri, mentre osservava fuori dalla finestra e si perdeva librandosi nell'aria, lontana dai problemi di una famiglia incasinata che non sembrava capirla in nulla, lontana dai problemi di una studentessa a cui veniva sempre chiesto più di quanto lei avesse voglia di dare, più di quanto le sembrasse utile.

Adesso, con una laurea quasi in tasca, la vita non pareva aver smesso di succhiarle quelle energie che non sembravano più bastarle e a cui si aggiungeva il dover crescere ancora, il dover salire un altro sgradevole gradino di vita, che l'avrebbe portata all'indipendenza. La libertà fa paura. Ammettere di essere qualcuno e sapere chi, è difficile.

Quella voglia di sognare si era placata, come un lenzuolo steso ad asciugare, che d'un tratto si ferma dritto e immobile nell'assenza di vento. Era giovane, bella, cosciente di esserlo. Poteva avere tutto e tutti, ma non le bastava. E questo la opprimeva.

Aveva quasi raggiunto buona parte dei suoi obiettivi adolescenziali, ma non aveva ancora il coraggio di essere donna a tutti gli effetti, quella donna determinata che tutti si aspettavano che diventasse quella ragazzina con l'aria spaesata, ma sempre tesa, come un felino accucciato, sul punto di scattare. Animale in gabbia.

E si guardò ancora indietro. Se ne stava aggrappata ai banchi del liceo e aveva cacciato gli artigli appena scappata dal sequestro mentale della vita di provincia in cui si sentiva immobile. Non aveva avuto una vita semplice. Aveva abbracciato il mondo alla continua ricerca di qualcosa, di se stessa e di una sicurezza che non aveva trovato.

A distoglierla dai suoi pensieri, fu il vedere le porte automatiche dell'autobus che si stavano chiudendo. Accelerò di colpo e già correva con un accenno di cuore in gola e i piedi appesantiti dallo sforzo di sopportare i tacchi alti durante la serata in discoteca. Per poco non cadde. Ticchettò violenta contro le porte che le sbuffarono davanti e l'autista la fece salire. Dentro l'autobus l'accolse l'odore di lercio che contraddistingue i mezzi pubblici troppo affollati. Seduta accanto a lei una puttana si rifaceva il trucco.

Si strinse nel tepore tiepido dei ricordi e nel pellicciotto nero troppo corto per coprirla dai pensieri cupi. La matita nera le colò giù dal viso. Poi l'autobus si mise in moto, quasi con un respiro sommesso da bestia ferita.

E io smisi di osservarla.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

e come faccio a nn sentirmi coinvolta?

Kei-chan ha detto...

Stessa cosa ho detto io... ma lui nega l'innegabile...

durk ha detto...

Ma la smettete? Fatevi i cazzi vostri...

durk ha detto...

XD XD XD XD XD

Violini Violini Violini...

Pippi ha detto...

Mi piace! Ciao da Giulia.

durk ha detto...

Non è il mio racconto meglio riuscito e nemmeno il più apprezzato, comunque grazie. Anche a me piace il tuo ultimo post, peccato non sia commentabile.