13 febbraio, 2007

Racconto in candeline...

Lei è venuta a trovarmi anche stavolta. Ci siamo incontrati come al solito, nello stesso luogo, nello stesso sogno. Tante volte l'avevo intravista da lontano. Tante volte l'avevo incrociata senza capire chi fosse.
Poi fu un vecchio a presentarmela.
Lei bellissima, nel suo drappeggio di manti neri e bui. Eleganza d'infinita bellezza, senza macchia alcuna, col suo sorriso ammaliante e il suo sguardo freddo e triste («"solo"...» - mi spiegò anni dopo - «quello che tu vedi come triste è dettato soltanto dalla grande solitudine»), che sembra risolvere tutto, senza che abbia più alcuna importanza che ogni cosa sia stata. Lei che mi rivolse la parola, senza toccarmi, senza parlare. Muta mi guardava senza timore, spiegandomi con i giochi della sua mente il fato («Il destino» - disse - «è solo qualcosa di incompiuto che molti pensano sia già scritto. Non è così. Tutto è affidato al caos, ordine unico dell'universo»), sebbene io non lo possa ricordare nitidamente o capirne il vero significato prima che giunga il mio tempo estremo.
La fissavo, rapito da tanta avvenenza: i movimenti lenti e sicuri, protetti da veli di nebbia, che risaltavano i lineamenti dolci e sottili, la pelle candida e lieve che risplendeva di luna e lo sguardo vitreo d'argento acceso.
Il suo sguardo te lo senti dentro, sino alle viscere, lo si può sentire che pulsa dentro il proprio cuore. «Mai guardarla troppo a lungo» - così mi disse il vecchio - «rischi di innamorartene e di finire ad attenderla anno dopo anno, giorno dopo giorno, istante per istante» e fu dai suoi occhi sognanti che capii che quel vecchio l'amava già da tanto. E anch'io l'avrei amata, come chiunque l'avesse vista per un periodo più lungo del nulla.
E ora l'aspetto... e ho paura di lei perchè il giorno che saremo sposi dovrò smettere di sognarla. E ho paura di lei perchè il giorno in cui sceglierò di seguirla tutto sarà stato. Forse, però, l'unico istante in cui mi abbraccerà varrà come mille volte ogni sogno.
Anche stavolta le ho chiesto: «E' ora?». Mi ha sorriso lievemente, declinando il mio invito.«Non toccarla mai» - mi disse il vecchio - «o avrei il freddo addosso, non ascoltarla mai troppo, perchè potrebbe piacerti la sua voce». Eppure non ho mai sentito alcun suono. Lei parla dentro il mio cervello, perchè non ha bisogno di alcun verbo.
Vidi quel vecchio morire. Lei era lì, al suo fianco che ne piangeva il funereo giaciglio. Lui invece sorrideva felice. Rimasi stupito. Lei spiegò come al solito: «oggi muore un mio sposo felice».
La paura che abbiamo di lei, l'ha maledetta a rimanere sola per l'eternità.
Questa è la triste storia della dama che temo e che amo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

è davvero sorprendente come tu riesca a rendere le parole così perfette nonostante accostamenti improbabili.questo racconto è uno tra i migliori tu abbia scritto,davvero complimenti :*

durk ha detto...

grazie...