28 dicembre, 2007

Quel lucido sciricco

Cammino. Cammino sulle mattonelle sconnesse, con i lavori in corso. Stanno sistemando la pavimentazione: era ora. Le viuzze strette del centro sembrano labirinti. Non ci sono più abituato, una volta ne conoscevo ogni palmo. La mattina, quando marinavo la scuola, erano il mio rifugio. Queste strade, i loro negozi, le botteghe degli artigiani, i mille bar e caffè, erano i posti che facevano parte di me. Queste case, le case "gialle", "lu leccisu". Primo conoscevo ogni piccolo buco per ragni di questo centro. Ho passato gli anni in queste piazze, in queste strade strette. Ricordo le mattine. Certe, volte, in estate, se ci si passa alla luce dell'alba, tutto assume un aspetto roseo, anche l'aria. Guardo le lavorazioni barocche. Vado a rendere il solito omaggio al ficus, nel giardino dell'ex conseravorio. E' enorme come lo ricordavo e ne sono compiaciuto, neanche fosse opera mia! Faccio un giro sul corso e poi al duomo, giusto per accertarmi che tutto ci sia ancora e che sia nello stesso ordine.
Al "Sedile" mi fermo a fumare. Controllo che i ragazzi scrivano ancora coi pennarelli i loro nomi e la data della loro "nnargiata" (trad.: quando si bigia la scuola): ok, tutto a posto. Le buone tradizioni non muoiono mai.
Piazzetta Castromediano me l'hanno rovinata. Che cazzo sono 'ste stronzate di vetro? Fanculo.
Questa città sembra molto più perbene ed anche molto più snob e bigotta di quanto la ricordassi. Sembra avere un'aria diversa da prima. Sembra più tagliente e strafottente, un po' insensibile. Ma qualcosa doveva pur cambiare, qualcosa stava già cambiando.
Seduto davanti l'anfiteatro romano guardo la piazza, dalla parte opposta a me c'è il Mc Donalds che rimarrà sempre un vero scempio sotto quel porticato. "Roba da bruciarlo" - penso. Ma gli atti terroristici non si fanno mai nei posti giusti.
Accendo un'altra sigaretta, guardo me e lei, i nostri anni, quelli da adolescenti, perennemente a rincorrersi, noi che passeggiavano mano nella mano, io con l'aria insofferente e triste, un po' maldestro, lei che si atteggiava da signorina, che se la tirava un po' (talvolta troppo). A pensarci ora viene quasi da ridere, ma era bello anche così. Ogni tanto mi viene da cercarla, tra la gente e frugo alla ricerca di qualcosa di conosciuto. Chiudere gli occhi, riaprirli e ritrovarsi lì, abbracciati, su uno scalino gelido del duomo, lei avvolta in lana verde mela e la borsa "pinko bag" stracolma di riba. Io col giubotto di pelle, una mano in tasca e nell'altra una sigaretta accesa. Un cane che puzza di pioggia che piscia dall'altra parte della gradinata e noi a parlare di un futuro che vola lontano in lunghe boccate di Chesterfield Lights. Eravamo felici? Qualche volta, ma ne valeva la pena. Chissà che effetto mi farebbe rivederla. Ora sono un po' più sereno. Sorrido senza amarezza, nei ricordi fermi del me stesso fermo sempre qui.
Penso a quella strana. Di lei non parlo spesso. Lei non sa. Lei la incontravo per caso e facevo sempre la figura del cretino imbarazzato. Ogni tanto, spero ancora che mi possa degnare di uno sguardo, così senza reali intenzioni (che, tra l'altro, non credo di aver mai avuto) e mi metto a ridere da solo. Che idiota sentimentale!
Ora c'è Lei, labbra, e mi sta bene così. Mi manca. Mi manca il suo calore ed il suo naso freddo, le sue mani ghiacciate che scendono dal collo sulla schiena e mi fanno bestemmiare e a lei ridere. Vorrei sapere cosa fa, vorrei vederla. Vorrei baciarla e che contaminasse questo posto che non mi ricorda il suo sapore.
Guardo questa città che mi sembrava così stretta, ora che la vivo da turista mi sembra più accogliente, ma la sensazione di soffocamento non è cambiata. Soprattutto in certe strade, in certi luoghi, in certi odori, in certi postacci dove uno studentello sbarbato non dovrebbe passare troppo tempo.
Sta diventando una città per "esteti" (ed estetisti), tutti così in ordine e perfettini, con le mutande Armani da bancarella e le rate accumulate. Gente da lobotomia pubblicitaria. Un po' mi spiace.
Il freddo è umido e l'umidità appesantisce l'aria, la rende più grigia e triste, stagnante e ferma. Il fumo sale lento verso la luce dei lampioni. Questo posto mi manca, ma non so proprio come viverci. Bah, sticazzi...

1 commento:

Kei-chan ha detto...

Eheh, un po' ti capisco, un po' no.
Un po' vorrei capirti, un po' no.
Io che quel posto l'ho sempre vissuto da turista e mai assaporato da studente, non posso avere nostalgia dei tempi vissuti, ma ho nostalgia per un presente che speravo diverso.

Ma l'importante è covare i ricordi, tenerli stretti e, il giorno che ne avrai bisogno, disseppellirli per assaporarne i sapori e potrai trovare quella vita in un tempo senza tempo e in un luogo non luogo...


XDD