15 giugno, 2007

In memoria di una geisha

Ho comprato questa nuova cosa. E' il regalo perfetto che potevo fare a me stesso e al mondo. Ci ho messo un po'. Ci vuole pratica per quest'affare. Ci vuole rabbia, ma bene incanalata, meditazione, un obiettivo. Qualcuno penserà che sono pazzo. Qualcuno piangerà. Ai più non fregherà molto.
Tiro a lucido la mia vita, per una volta non mi tiro indietro, voglio che sia perfetta, voglio essere freddo, devo farlo.
Tra poco tutto sarà finito. Devo solo aspettare, concentrarmi. Poi tutto andrà a posto, poi tutto sarà un gran casino, ma devo fare quel che devo fare.
Eccola. Lei sta tornando. Arriva con uno che ora frequenta da un po'. Odio questi stronzi impomatati con la loro macchina di lusso, con i loro vestiti firmati. Scommetto che anche le sue mutande sono griffate. Ha una mercedes ultimo modello, la capotte abbassata nel caldo umido quasi estivo di questa notte metropolitana. E lo stronzo porta gli occhiali da sole neri. Si vergogna di essere guardato in faccia per bene? Perfettamente abbronzato da strati e strati di crema abbronzante e lettini sotto le lampade... dopo il massaggio, s'intende.
Lei è bella. E' davvero bella. Trentadue anni esatti, ma ne dimostra venti. Vestiti attillati, scollati, le sue forme perfette bene in vista. Il seno sodo farebbe invidia a molte ragazzine che ancora non conoscono la vita come Lei. Sembra una barbie appena uscita dalla scatola, non fosse per il rossetto slabbrato.
Lui è vestito gessato scuro, una camicia candida e bianca e una cravatta improbabile. Come minimo, sotto è anche depilato. E' palestrato, ma non troppo. Sta attento alla linea perchè l'immagine da alto dirigente va lustrata... come i culi che ha dovuto leccare per fottere il posto che era di suo padre che, forse, se l'era guadagnato allo stesso modo. Oppure ha solo unto il giro con i soldi alle persone giuste. Molto probabilmente ha fregato il posto a qualcuno che lo meritava, più in gamba di lui.
Forse, peggio, lo stronzo è uno di quelli che è uscito dalla merda, uno che si è fatto il culo, uno che ora sulla merda ci sputa. Ha una famiglia. Una bella moglie. Ha dei figli, magari un maschio e una femmina. E ha una casa lussuosa e un appartamento più piccolo dove scopa con Lei.
Crede di avere tutto, crede di poter avere tutto, crede di essere il migliore, crede di essere un giovane dio. Lui, la promessa dell'economia. Lui ha un portafoglio gonfio di denaro, lui che venderebbe sua madre per averne ancora, per avere un altro zero sul conto in banca. Lui che ora può fare quello che gli pare, senza troppa gavetta... perchè lui è in gamba, perchè lui crede di esserlo e fa sedute e sedute dall'analista per tenere alta la sua autostima.
Lei lo bacia su una guancia, lui Le mette in mano una busta. Un regalo. Lei fa finta per mezzo secondo di non accettare, poi mette tutto nella borsetta con le paillette, mentre scende piano, sinuosa con il suo corpo felino stretto nel vestitino nero e corto e le scarpe col tacco. E' elegante e perfetta, mentre si finge ancora maliziosa, ancora eccitata dall'amplesso che ha venduto all'uomo. Fa ancora la civetta, fa la smorfiosa. Si sa vendere. E' così bella. I capelli biondi, in ricci ampi e perfetti che le ricadono sulle spalle. Ci ha messo parecchio per prepararsi. Questo stronzo deve pagare bene.
La mia ansia sale. Sento il cuore che accelerà ad ogni passo che Lei fa mentre si allontana dall'auto e si avvia verso il portoncino del suo palazzo, della sua casa, del suo appartamento piccolo e angusto, con la muffa sui muri, ma ben pulito. Lei ci tiene che sia sempre tutto lucido. Vuole andare via da lì, vuole essere più di quello che è. Non era questa la vita che avrebbe voluto.
Anche questa sera si fa un po' schifo. A me no, a me non fa schifo. Io L'ammiro. Io amo tutto quello che fa.
Sta richiudendo il portone alle sue spalle. Ora sta abbassando lo sguardo, ora sta per piangere, ora trattiene le lacrime a forza e si toglie le scarpe col tacco alto dai piedi doloranti. Mentre sale le scale fino al pianerottolo di casa si toglie gli orecchini e il resto della bigiotteria da bancarella. Apre la porta e ritrova se stessa, quella squallida se stessa che fa la puttana per sbarcare il lunario, per pagare l'affitto, per mantenere suo figlio, per pagare la bolletta della luce, per sua figlia più piccola, la "figlia di chiunque", che ha i suoi stessi capelli biondi e il suo sorriso.
Lei ha appena chiuso la porta. Lui ha messo in moto. Si ferma come ogni volta per sistemare l'auto. Per togliere il residuo di un'altra donna da nascondere alla madre dei suoi figli. Odio questo stronzo, odio quelli come lui, odio tutto ciò che rappresenta, odio chiunque pensi solo a sè stesso, odio chiunque tratti Lei come una puttana.
Sono qui, ad aspettarti, in questo vicolo buio. Ti guardo da giorni, misero stronzo.
Quando esco e vengo vicino alla tua macchina alzi lo sguardo, non sai chi sono, non sai perchè ti parlo, hai l'impulso di darmi dei soldi e scappare via, di trattarmi come un tossico, un ubriaco, ma io non voglio i tuoi soldi. Ti chiamo stronzo. Tu mi dici che sono un ragazzino e di sparire prima che ti esca da quelle labbra con cui L'hai baciata la frase "ora ti do una lezione, ora ti faccio vedere io". Non aspetto altro.
Calci e pugni. Mi spingi. Mi prendi a sberle e sento un tuo pugno dritto sul muso. Tu, stronzo, senti meno i miei. Io non voglio ancora farti male, voglio che cammini, voglio che mi segui, vieni... vieni... da bravo... nella lotta mi stai seguendo... così ancora un po', dove c'è il mio nuovo giocattolo. Entri nel mio vicolo buio. Entri qui, dove l'ho appoggiata.Ti spingo con tutta la forza che ho, devi cadere a terra. Ed ecco che lo fai. E ora ti rialzi. E io ho in mano la mia vendetta, la stringo, la tiro fuori dal fodero nero. E tu la vedi scintillare, vorresti scappare, ma è tardi perchè sei a terra. E ora stai tremando perchè hai capito che sei qui per morire. Ma puoi ancora lottare, io voglio lottare, voglio sentirti desiderare la vita e perderla. Voglio sentire la tua paura di morire e tu vedi i miei occhi e nei miei occhi ora vedi quelli di Lei, quegli occhi in cui ti perdevi nel gioco del sesso, in un amore venduto. E stai cominciando a capire, cominci a ricomporre il puzzle, frammenti perfetti di odio e rabbia. Perchè tu? E' stato un caso, sei stato solo l'ultima goccia. Sei stato l'ultima lacrima che Lei ha versato verso se stessa, per me, per mia sorella. Sei stato mio padre, uno dei tanti che hanno fatto come lui. E ora morirai. E lui, forse, morirà con te. Ti alzi, indietreggi. Un pistola sarebbe stata troppo veloce, invece questa lama ti taglierà piano, la sentirai dentro di te, poco alla volta, centimetro per centimetro dentro la tua carne calda, dentro la tua pelle abbronzata. Stai pregando? Stai chiedendo perdono. Ma non posso, lo capisci? Potresti provare ad ammazzarmi, a scaraventarti su di me, ma hai capito che finora ho solo giocato come il gatto con il topo. Sei un insetto inutile caduto nella tela di un ragno affamato di morte. Sei un misero insetto inutile, morto per una troia... per il figlio di quella troia, per lavare i peccati di tutti quelli come te, finchè non ne verrà un altro, se ce ne sarà un altro.
Vuoi vivere o vuoi morire in fretta? No no, tu sei un tipo tosto. Tu vuoi vivere. E' per questo che soffrirai. Provi a gettarti verso di me, ma al primo scatto vieni colpito. La lama è tagliente ed affilata come un rasoio, un rasoio splendente che taglia anche l'aria con un suono acuto, mentre affonda nella tua carne. Mi dai del pazzo e ti colpisco con un calcio in pieno volto. Sei pieno di sangue, ma ci riprovi a vivere e ancora un altro taglio e un altro in pieno petto, mentre va a pezzi tutto come la tua camicia costosa, mentre ti pisci addosso, mentre senti la vita che se ne sta andando mentre crepi dissanguato. Poi ecco senti freddo d'un tratto. Senti il freddo del metallo che ti passa da parte a parte dentro il tuo addomme e ti aggrappi alla lama e mi guardi senza fiato chiedendo perchè, supplicando pietà. Sto sorridendo.
Senti la lama che esce. Ora vorresti morire. Non vuoi più vivere. Non vuoi più lottare. I tuoi soldi non sono bastati, ma finora te li sei goduti. Non hai pensato a nessuno se non a te stesso. Hai la paura nello sguardo, mentre anche i tuoi occhi lacrimano sangue. Stai pensando a te anche adesso. Non pensi a chi stai lasciando, non pensi a come faranno, a cosa diranno. Sai solo ripetere di non dirlo a tua moglie mentre mastichi il tuo sangue che ti affoga la gola.
Guardo gli schizzi del tuo plasma rosso sui miei vestiti, sento l'odore della tua vita perduta, sento un flusso caldo che scivola lungo la lama, lungo la mano, lungo il mio braccio, un lieve rivolo del tuo sangue che già ristagna al suolo.
Un altro colpo e senti la lama che ti affonda ancora nella carne, mentre nemmeno urli. Senti le tue budella contercersi e stai soffrendo nel mio gioco sadico e rabbioso. Un altro fendente di taglio. La lama ti squarcia la gola nei tuoi ultimi istanti. Poi eccola entrarti nel cranio. E il tuo ultimo pensiero sarà che è assurdo che entri nella tua testa come un coltello caldo nel burro. E sorriderai prima d'aver capito che non hai più sorriso, che il tuo corpo è già lontano, che sei morto.
Brucia all'inferno e aspettami, ma mia madre non è una puttana.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Direi che sei tornato più in forma che mai!:-)

Pippi ha detto...

Eh sì ... ci hai fatto aspettare un po' ma ne valeva la pena. E' un bel racconto durk. Serrato. Essenziale, senza troppi fronzoli e spiegazioni. Mi é piaciuto molto. Bravo.