
Lei, dicevo, mi guarda con questi suoi occhi grandi, pieni di lacrime, non lacrime per me, lacrime per se stessa, lacrime di quelle che non crescono sugli occhi, ma nel rancore sordo della mente. I suoi sono occhi pesanti di quelli che ti senti addosso. Mi dice che mi ama. Io, invece, distolgo lo sguardo. Fisso le luci delle auto che entrano dai buchi delle tapparelle e violentano per non più di un secondo l'angolo più buio della stanza. La luce da abatjuor è quanto di più caldo ed oppressivo ci possa essere come luce. E non illumina nemmeno l'intera stanza. Me ne sto lì nel vuoto dei miei pensieri coperti dalla nebbia per non essere visti da nessuno, me compreso. Penso che si voglia sentire dire, "ti amo anch'io", ma in realtà sa che è finita già da tempo, non serve a nessuno mentire.
Si morde le labbra un attimo. E' così dolce mentre lo fa. Peccato che non si possa mettere il mondo in pausa. Aiuterebbe: si potrebbero gustare meglio le piccole cose. Inquadrare le sue labbra, primo piano, piano piano, rallentare, bloccare il tutto mentre se le morde, proprio in quell'istante. Mi sto chiedendo come sono arrivato al punto di non riuscire più a vedere nulla in te, sai? Mi sto chiedendo come faccio a non vedere più nulla in me. Nulla da dare a te, a qualcun'altra, nulla da dare al mondo fuori. E intanto spengo un'altra sigaretta in un posacenere pieno di mozziconi e ti osservo, mentre sparisci dietro al fumo della mia ultima boccata e ti fai più leggera e mi fai sentire sollevato, prima di riapparire. Devi sparire. Non mi piace guardarti mentre ti sciogli nell'acido delle mie parole. Non mi piace guardarti mentre ti nascondi dietro il mio egocentrismo e non mi lasci vedere te stessa. Tu sei e non sei allo stesso istante. Io non voglio essere. Capisci perchè siamo così diversi? Anche se te lo chiedessi sul serio non capiresti.
Vorrei scostarle i capelli dal viso, ma lo fa da sola, con un gesto nervoso. La mia mano rimane un secondo a mezz'aria. Si mette a sedere più lontana, almeno a un paio di metri da me. Vorrei solo dirle di lasciarmi andare, per il mio bene, per il suo, perchè la sto trascinando a fondo, stretta a me, perchè la sto buttando via. Oh, non pensare che non voglia amarti, è solo che non ci riesco, vorrei farti sentire speciale, ma non posso, è tardi.
"E' finita?" - sussurra. E quel suo filo di voce è stridulo e surreale. Terribilmente vero. Annuisco quasi senza muovere alcun muscolo. Vorrei piangere, ma non mi va di rendere tutto più difficile. E poi non ho lacrime. Vorrebbe piangere, ma non lo farà mai perchè le faccio troppo schifo. Ma va bene così. "Tu non c'entri" - vorrei dirle - "non sei tu, è colpa mia". Ma non è colpa mia. E' così che vanno le cose e non possiamo più farci niente, io poi non ne ho più voglia. "Non puoi salvarmi e io me ne sono lavato le mani fin da prima di conoscerti e ora, non sono in grado di prendermi cura di te come vorresti"- penso.
Annuisco mentre mi guarda con questi occhi come lame. Ma io non mi muovo già più, mentre svanisce piano. Mentre attraversa la stanza, mentre richiude la porta alle sue spalle. Io rimango seduto qui perchè è l'unica cosa che mi è rimasta da fare, almeno per oggi. Silenzio e vuoto, metto su un disco come se nulla fosse mai accaduto e ascolto la musica attraversarmi come fa con l'aria. Non riesco a piangere. "Scusami", ma sei già lontana e non ho voglia che mi ascolti.
2 commenti:
mi piace questo post :-)
esperienza realmente vissuta o solo un racconto?
Solo un racconto... per ricordare qualcosa di reale che reale non è stata. Il post si chiama disillusione. Comunque, è solo un racconto... almeno spero.
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